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Il
Vangelo di ogni giorno con un
Commento
È pace la prima parola
pronunciata da Cristo Risorto
Domenica 19 Aprile 2015 III Domenica di
Pasqua Anno B
Letture: Atti 3,13-15.17-19; Salmo 4; 1
Giovanni 2,1-5; Luca 24, 35-48
In quel tempo, [i due
discepoli che erano ritornati da Èmmaus]
narravano [agli Undici e a quelli che
erano con loro] ciò che era accaduto
lungo la via e come avevano riconosciuto
[Gesù] nello spezzare il pane. Mentre
essi parlavano di queste cose, Gesù in
persona stette in mezzo a loro e disse:
«Pace a voi!». Sconvolti e pieni di
paura, credevano di vedere un fantasma.
Ma egli disse loro: «Perché siete
turbati, e perché sorgono dubbi nel
vostro cuore? Guardate le mie mani e i
miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e
guardate; un fantasma non ha carne e ossa,
come vedete che io ho» (...). Allora
aprì loro la mente per comprendere le
Scritture e disse loro: «Così sta
scritto: il Cristo patirà e risorgerà
dai morti il terzo giorno, e nel suo nome
saranno predicati a tutti i popoli la
conversione e il perdono dei peccati,
cominciando da Gerusalemme(...)».
Lo conoscevano bene, dopo tre anni di
strade, di olivi, di pesci, di villaggi,
di occhi negli occhi, eppure non lo
riconoscono.
Gesù è lo stesso ed è diverso, è il
medesimo ed è trasformato, è quello di
prima ed è altro. Perché la
Risurrezione non è semplicemente un
ritornare alla vita di prima: è andare
avanti, è trasfigurazione, è acquisire
un di più. Energia in movimento che
Gesù non tiene per sé, ma che estende
all'intera creazione, tutta presa, e da
noi compresa, dentro il suo risorgere e
trascinata in alto verso più luminose
forme.
Pace, è la prima parola del Risorto. E
la ripete ad ogni incontro: entro in
chiesa, apro il Vangelo, scendo nel
silenzio del cuore, spezzo il pane con l'affamato.
Sono molte le strade che l'Incamminato
percorre, ma ogni volta, sempre, ad ogni
incontro ci accoglie come un amico
sorridente, a braccia aperte, con parole
che offrono benessere, pace, pienezza,
armonia. Credere in lui fa bene alla vita.
Vuole contagiarci di luce e contaminarci
di pace.
Lui sa bene che sono gli incontri che
cambiano la vita degli esseri umani.
Infatti viene dai suoi, maestro di
incontri, con la sua pedagogia regale che
non prevede richieste o ingiunzioni, ma
comunione. Viene e condivide pane,
sguardi, amicizia, parola, pace.
Il ruolo dei discepoli è non difendersi,
non vergognarsi, ma ridestare dal sonno
dell'abitudine mani, occhi, orecchie,
bocca: toccate, guardate, mangiamo
insieme. Aprirsi con tutti «i sensi
divine tastiere» (Turoldo), strumenti di
una musica suonata da Dio.
«Toccatemi, guardate». Ma come toccarlo
oggi, dove vederlo? Lui è nel grido
vittorioso del bambino che nasce e nell'ultimo
respiro del morente, che raccoglie con un
bacio. È nella gioia improvvisa dentro
una preghiera fatta di abitudini, nello
stupore davanti all'alleluja pasquale del
primo ciliegio in fiore. Quando in me
riprende a scorrere amore; quando tocco,
con emozione e venerazione, le piaghe
della terra: «ecco io carezzo la vita
perché profuma di Te» (Rumi)...
«Non sono un fantasma» è il lamento di
Gesù, e vi risuona il desiderio di
essere abbracciato forte come un amico
che torna da lontano, di essere stretto
con lo slancio di chi ti vuole bene. Non
si ama un fantasma.
«Mangiamo insieme». Questo piccolo
segno del pesce arrostito, gli apostoli
lo daranno come prova decisiva: abbiamo
mangiato con lui dopo la sua risurrezione
(At 10,41). Perché mangiare è il segno
della vita; mangiare insieme è il segno
più eloquente di una comunione ritrovata,
il gesto che lega, custodisce e accresce
le vite. Il cibo è una realtà santa.
Santa perché fa vivere. E che l'uomo
viva è la prima di tutte le leggi, della
legge di Dio e delle leggi umane.
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