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Il
Vangelo di ogni giorno con un
Commento
La scuola della croce:
amare non è emozione ma dare
Domenica 14 Settembre 2014 Esaltazione
della Santa Croce Anno A
Letture: Numeri 21, 4-9; Salmo 77;
Filippesi 2, 6-11; Giovanni 3,13-17
In quel tempo,
Gesù disse a Nicodèmo: «Nessuno è mai
salito al cielo, se non colui che è
disceso dal cielo, il Figlio dell'uomo. E
come Mosè innalzò il serpente nel
deserto, così bisogna che sia innalzato
il Figlio dell'uomo, perché chiunque
crede in lui abbia la vita eterna. Dio
infatti ha tanto amato il mondo da dare
il Figlio unigenito, perché chiunque
crede in lui non vada perduto, ma abbia
la vita eterna. Dio, infatti, non ha
mandato il Figlio nel mondo per
condannare il mondo, ma perché il mondo
sia salvato per mezzo di lui».
Festa dell'Esaltazione della
Croce, in cui il cristiano tiene insieme
le due facce dell'unica evento: la Croce
e la Pasqua, la croce del Risorto con
tutte le sue piaghe, la risurrezione del
Crocifisso con tutta la sua luce.
Parafrasando Kant: «La croce senza la
risurrezione è cieca; la risurrezione
senza la croce è vuota».
Dio ha tanto amato. È questo il cuore
ardente del cristianesimo, la sintesi
della fede: «Dove sta la tua sintesi lì
sta anche il tuo cuore» (Evangelii
Gaudium 143). «Noi non siamo cristiani
perché amiamo Dio. Siamo cristiani
perché crediamo che Dio ci ama» (L.
Xardel). La salvezza è che Lui mi ama,
non che io amo Lui. L'unica vera eresia
cristiana è l'indifferenza, perfetto
contrario dell'amore. Ciò che sventa
anche le trame più forti della storia di
Dio è solo l'indifferenza.
Invece «amare tanto» è cosa da Dio, e
da veri figli di Dio. E penso che ogni
volta che una creatura ama tanto, in quel
momento sta facendo una cosa divina, in
quel momento è generata figlia di Dio,
incarnazione del suo progetto.
Ha tanto amato il mondo: parole da
ripetere all'infinito, monotonia divina
da incidere sulla carne del cuore, da
custodire come leit-motiv, ritornello che
contiene l'essenziale, ogni volta che un
dubbio torna a stendere il suo velo sul
cuore.
Ha tanto amato il mondo da dare: amare
non è una emozione, comporta un dare,
generosamente, illogicamente,
dissennatamente dare. E Dio non può dare
nulla di meno di se stesso (Meister
Eckart).
Dio non ha mandato il Figlio per
condannare il mondo, ma perché il mondo
sia salvato per mezzo di lui.
Mondo salvato, non condannato. Ogni volta
che temiamo condanne, per noi stessi per
le ombre che ci portiamo dietro, siamo
pagani, non abbiamo capito niente della
croce. Ogni volta invece che siamo noi a
lanciare condanne, ritorniamo pagani,
scivoliamo fuori, via dalla storia di Dio.
Mondo salvato, con tutto ciò che è vivo
in esso. Salvare vuol dire conservare, e
niente andrà perduto: nessun gesto d'amore,
nessun coraggio, nessuna forte
perseveranza, nessun volto. Neppure il
più piccolo filo d'erba. Perché è
tutta la creazione che domanda, che geme
nelle doglie della salvezza.
Perché chiunque crede in lui non vada
perduto, ma abbia la vita eterna. Credere
a questo Dio, entrare in questa dinamica,
lasciare che lui entri in noi, entrare
nello spazio divino «dell'amare tanto»,
dare fiducia, fidarsi dell'amore come
forma di Dio e forma del vivere, vuol
dire avere la vita eterna, fare le cose
che Dio fa, cose che meritano di non
morire, che appartengono alle fibre più
intime di Dio. Chi fa questo ha già ora,
al presente, la vita eterna, una vita
piena, realizza pienamente la sua
esistenza.
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