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ESSERE
PRONTI
Saper essere pronti è una grande cosa! È
una facoltà preziosa che implica fermezza,
analisi, colpo d'occhio, decisione. Saper essere
pronti è anche saper partire. Saper essere
pronti è anche saper finire. Saper essere pronti
è, in fondo, anche saper morire. «Saper essere
pronti è anche saper finire». Mi aiutano i
Frammenti di un diario intimo dello scrittore
svizzero Henri-Frédéric Amiel (1821-1881) a
trovare le parole per salutarvi, cari lettori,
che siete stati con me giorno dopo giorno per
questo 2011 che sta ora spegnendosi. È sempre un
po' difficile scambiarsi un abbraccio frettoloso
prima di salire sulla scaletta di un aereo che ci
separa da coloro coi quali si sono condivisi
pensieri e affetti. Eppure, l'«essere pronti»
era anche l'appello che Cristo aveva lasciato ai
suoi.
Tuttavia, egli partiva, ma con una promessa:
«Verrò di nuovo», anzi, «tenetevi pronti
perché, nell'ora che non immaginate, verrà il
Figlio dell'uomo» (Giovanni 14,3; Matteo 24,44).
La stessa morte, partenza estrema, non è mai un
addio senza futuro, come molti pensano,
soprattutto i più sconfortati, come scriveva in
modo amaro Leonardo Sciascia: «Non è la
speranza l'ultima a morire, ma il morire è l'ultima
speranza».
Per il cristiano partire, finire, morire non sono
sospirati o deprecati approdi nel gorgo del nulla,
ma un distacco per un nuovo e diverso inizio. Per
questo, è necessario prepararsi, «essere
pronti» come per una nuova giornata impegnativa
e importante. È con tale spirito che salutiamo l'anno
vissuto ed entriamo nel nuovo; sarà così che
dovremo vivere anche l'ultimo istante della
nostra esistenza. È così che ora ci scambiamo
non un «addio», ma un «arrivederci», anche se
non sappiamo né il giorno né l'ora né dove.

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