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Essere e Vivere da Cristiani


Centurione romano o funzionario Erodiano?

"Gli venne incontro un centurione che lo scongiurava dicendo: «Signore, il mio servo è in casa a letto paralizzato e soffre terribilmente»". (Matteo 8,5-6)


A prima vista questo è uno dei tanti miracoli narrati nei Vangeli. Noi lo assumiamo tra i passi problematici per una ragione di indole più generale, diremmo metodologica. Non ci fermiamo, quindi, sul cuore tematico del racconto che Gesù stesso esprime con ammirazione e stupore: «In verità vi dico: in Israele non ho trovato nessuno con una fede così grande!» (8,10).

Il centurione, infatti, ha fiducia anche in una sola parola di Cristo, pronunciata a distanza, per ottenere la guarigione del suo servo. La fede è la condizione richiesta per il miracolo che altrimenti resterebbe un atto taumaturgico magico. Fissiamo invece l’attenzione sui racconti paralleli. Luca al cap. 7 riporta una notizia che varia la trama. Infatti, il centurione si serve della mediazione di alcuni notabili ebrei locali che intercedono presso Gesù: «Egli merita che tu gli conceda quello che chiede perché ama il nostro popolo ed è stato lui a costruirci la sinagoga di Cafarnao» (vv. 4-5).

Cristo accondiscende e si avvia con loro, ma il centurione gli invia alcuni suoi amici per fermarlo, così da evitargli di entrare in una residenza pagana e quindi impura. Cristo ammira la fiducia basata sulla sola parola salvatrice, come avviene anche in Matteo. Nel quarto Vangelo (Giovanni 4,46-53) si ha un parallelo molto diversificato. Innanzitutto Gesù non è a Cafarnao, ma a Cana di Galilea. Il personaggio che lo interpella non è un centurione, ma un funzionario regio, probabilmente del tetrarca Erode Antipa, che risiede a Cafarnao; il malato è suo figlio e non un servo;

Gesù reagisce bruscamente: «Se non vedete segni e prodigi, voi non credete» (4,48). Quel burocrate, però, si accontenta della promessa di salvezza che Cristo alla fine gli offre e, così, diventa – agli occhi dell’evangelista Giovanni – il terzo attore di un trittico della fede, aperto con Nicodemo (cap. 3), l’ebreo in ricerca, seguito dall’“eretica” Samaritana che crede in Gesù Messia perché «mi ha detto tutto quello che ho fatto» (4,24). Il funzionario (forse pagano) è l’emblema della fede pura, basata solo sulla parola di Cristo. Tiriamo le fila di questa comparazione. Per alcuni esegeti si tratta di due episodi diversi, l’uno con un centurione romano come protagonista e l’altro con un funzionario regio erodiano.

Ma i punti di contatto notevoli fanno pensare ad altri studiosi di essere di fronte a una base storica identica. Qui, però, scatta l’obiezione sulle notevoli varianti tra i racconti. Ebbene, si riesce a comprendere quale sia il genere letterario dei Vangeli: essi non sono rigorosi manuali storiografici, bensì memorie storiche di Gesù e su Gesù provenienti da diverse fonti o tradizioni orali.

Queste memorie hanno non di rado contorni fluidi e vengono rielaborate alla luce della fede pasquale in Cristo, dando così origine a quel genere letterario unico, detto appunto “Vangelo”, “buona novella”, ove storia e fede s’intrecciano inestricabilmente.



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