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Essere e Vivere da Cristiani


Il potere che viene dall'alto

"Tu non avresti alcun potere su di me, se ciò non ti fosse stato dato dall'alto". (Giovanni 19,11)


Gesù è davanti al governatore romano Ponzio Pilato, un modesto e duro personaggio, aspramente criticato dagli autori contemporanei (il filosofo Filone di Alessandria di Egitto e lo storico Giuseppe Flavio), divenuto celebre nella storia solo perché il suo mandato decennale in Palestina (dal 26 al 36) incrociò il “caso Gesù”.

Sappiamo quanto il dialogo tra i due abbia stimolato l’arte e la letteratura, a partire dalla scettica reazione di Pilato: «Che cos’è la verità?». Noi, invece, abbiamo selezionato una battuta di Gesù che soprattutto nei secoli passati ha ricevuto un’applicazione impropria. Essa, infatti, veniva usata per sostenere la tesi dell’origine divina di ogni autorità politica, appaiandola a una dichiarazione di san Paolo che va in questa direzione: «Non c’è autorità se non da Dio e quelle che esistono sono stabilite da Dio» (Romani 13,1).

In realtà all’Apostolo in quel passo, che si allargava anche a considerare la questione fiscale, premeva di sostenere la qualità non rivoluzionaria e non politica del cristianesimo, rispettoso del potere imperiale a differenza, per esempio, della critica contro la Babilonia romana sviluppata in modo veemente nell’Apocalisse.
Qual è, allora, il senso inteso da Gesù su un potere “dato dall’alto”? La risposta è molto più realistica e circoscritta e prescinde dalla questione dei rapporti tra Chiesa e Stato.

Cristo, infatti, dichiara a Pilato che il potere che egli ora sta esercitando nei suoi confronti, mandandolo a morte, non è frutto esclusivo della sua autorità insindacabile, bensì si situa all’interno di un disegno più alto e trascendente che è stato definito da Dio stesso.

Il governatore ha con supponenza ammonito Gesù di avere «il potere di metterlo in libertà e il potere di metterlo in croce» (19,10). Cristo gli replica che in realtà l’esito sarà uno solo ed è già previsto e tracciato da Dio, che nella morte del Figlio compie un suo progetto salvifico ben più “alto” della semplice esecuzione capitale a cui pensa il procuratore romano.

La libertà di Pilato è intatta: egli potrebbe anche liberare Gesù; per ragioni di convenienza politica non lo farà e, come per il tradimento di Giuda e la sentenza del tribunale ebraico del Sinedrio, questa scelta diverrà una via attraverso la quale Dio attua il suo piano di redenzione. La morte del Figlio sarà segno di vicinanza piena alla realtà umana del vivere e del morire e diverrà anche principio di trasfigurazione e liberazione della nostra mortalità con la successiva risurrezione, seme di vita eterna deposto nella caducità e finitudine umana.



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