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Essere e Vivere da Cristiani


Il “caso Gesù” e la sua condanna

"Non vi rendete conto che è conveniente per voi che un solo uomo muoia per il popolo e non vada in rovina l’intera nazione?" (Giovanni 11,50)


Siamo all’interno di una seduta ufficiosa del Sinedrio, il massimo organo istituzionale del giudaismo durante l’occupazione romana. All’ordine del giorno di questa riunione informale c’è il “caso Gesù” che inquieta i settanta membri di quel consesso sia per ragioni di tipo religioso, sia soprattutto per un aspetto di tipo politico. Il Sinedrio era presieduto dal sommo sacerdote Caifa (in ebraico Qayyafa), genero del suo potente predecessore di nome Anna.

Costui, dunque, si leva a parlare e con un tocco di realpolitik conduce la discussione a uno sbocco brutale: la scelta da compiere è l’eliminazione fisica dell’ostacolo Gesù. Egli esprime la sua tesi con una frase a prima vista solo allusiva, sbrigativa nella sua rozzezza, ma che acquista un valore non inteso (diremmo noi, tecnicamente, un significato “metatestuale”) che l’evangelista si preoccupa subito dopo di mettere in luce. Caifa afferma che è meglio per il popolo la cancellazione della figura di Gesù perché – come dicevano i suoi colleghi sinedriti nel dibattito precedente – «se lo lasciamo continuare così, tutti crederanno in lui, verranno i Romani e distruggeranno il nostro tempio e la nostra nazione» (11,48).

È, allora, necessario che «un solo uomo muoia per il popolo e non vada in rovina l’intera nazione ». Ecco, proprio in quella frase così cinica l’evangelista Giovanni intravede un significato superiore decisivo. Sì, Cristo morirà certamente per il popolo e la sua morte non sarà la rovina ma la liberazione dell’intera comunità. Questa sorta di annunzio teologico indiretto sul senso profondo della morte di Gesù è quasi una “profezia” che, malgrado sé stesso e le sue intenzioni, Caifa proclama a causa della sua funzione di sommo sacerdote, cioè di guida spirituale di Israele.

Si svela, così, il mistero nascosto sotto gli eventi esteriori. Gli uomini operano in superficie con la loro libertà e con le loro scelte spesso perverse, ma Dio sotto traccia sta disegnando un altro progetto paradossalmente antitetico e salvifico. Ecco, appunto, le parole di san Giovanni: «Questo, però, Caifa non lo disse da sé stesso, ma essendo sommo sacerdote di quell’anno, profetizzò che Gesù doveva morire per la nazione, e non soltanto per la nazione, ma anche per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi» (11,51-52).



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