La
sindrome di Giona Lunedì, 14 ottobre 2013
Cè una grave malattia che minaccia oggi i
cristiani: la «sindrome di Giona», quella che
fa sentire perfetti e puliti come appena usciti
da una tintoria, al contrario di quelli che
giudichiamo peccatori e dunque condannati ad
arrangiarsi da soli, senza il nostro aiuto. Gesù
invece ricorda che per salvarci è necessario
seguire «il segno di Giona», cioè la
misericordia del Signore. È questo in sostanza
il senso della riflessione proposta da Papa
Francesco durante la messa celebrata stamani,
lunedì 14 ottobre, nella cappella di Santa Marta.
Commentando le letture della liturgia, tratte
dalla lettera di san Paolo ai Romani (1, 1-7) e
dal Vangelo di Luca (11, 29-32), il Pontefice ha
iniziato proprio da quella «parola forte» con
la quale Gesù apostrofa un gruppo di persone
chiamandole «generazione malvagia». È «una
parola ha notato che quasi sembra
un insulto: questa generazione è una generazione
malvagia. È molto forte! Gesù tanto buono,
tanto umile, tanto mite, ma dice questa parola».
Tuttavia, ha spiegato il Pontefice, egli non si
riferiva certo alla gente che lo seguiva; si
riferiva piuttosto ai dottori della legge, a
quelli che cercavano di metterlo alla prova, di
farlo cadere in trappola. Era tutta gente che gli
chiedeva dei segni, delle prove. E Gesù risponde
che lunico segno che sarà dato loro sarà
«il segno di Giona».
Ma qual è il segno di Giona? «La settimana
scorsa ha ricordato il Papa la
liturgia ci ha fatto riflettere su Giona. E ora
Gesù promette il segno di Giona». Prima di
spiegare questo segno, Papa Francesco ha invitato
a riflettere su un altro particolare che si
evince dalla narrazione evangelica: la «sindrome
di Giona», quella che il profeta aveva nel suo
cuore. Egli, ha spiegato il Santo Padre, «non
voleva andare a Ninive e fuggì in Spagna».
Pensava di avere le idee chiare: «La dottrina è
questa, si deve credere questo. Se loro sono
peccatori, si arrangino; io non centro!
Questa è la sindrome di Giona». E «Gesù la
condanna. Per esempio, nel capitolo ventitreesimo
di san Matteo quelli che credono in questa
sindrome vengono chiamati ipocriti. Non vogliono
la salvezza di quella povera gente. Dio dice a
Giona: povera gente, non distinguono la destra
dalla sinistra, sono ignoranti, peccatori. Ma
Giona continua ad insistere: loro vogliono
giustizia! Io osservo tutti i comandamenti; loro
si arrangino».
Ecco la sindrome di Giona, che «colpisce quelli
che non hanno lo zelo per la conversione della
gente, cercano una santità mi permetto la
parola una santità di tintoria, cioè
tutta bella, tutta ben fatta ma senza lo zelo che
ci porta a predicare il Signore». Il Papa ha
ricordato che il Signore «davanti a questa
generazione, malata della sindrome di Giona,
promette il segno di Giona». E ha aggiunto:
«Nellaltra versione, quella di Matteo, si
dice: ma Giona è stato nella balena tre notti e
tre giorni... Il riferimento è a Gesù nel
sepolcro, alla sua morte e alla sua risurrezione.
E questo è il segno che Gesù promette: contro
lipocrisia, contro questo atteggiamento di
religiosità perfetta, contro questo
atteggiamento di un gruppo di farisei».
Per rendere più chiaro il concetto il vescovo di
Roma si è riferito a unaltra parabola del
Vangelo «che rappresenta bene quello che Gesù
vuole dire. È la parabola del fariseo e del
pubblicano che pregano nel tempio (Luca 14, 10-14).
Il fariseo è talmente sicuro davanti
allaltare che dice: ti ringrazio Dio che
non sono come tutti questi di Ninive e neppure
come quello che è là! E quello che era là era
il pubblicano, che diceva soltanto: Signore abbi
pietà di me che sono peccatore».
Il segno che Gesù promette «è il suo perdono
ha precisato Papa Francesco tramite
la sua morte e la sua risurrezione. Il segno che
Gesù promette è la sua misericordia, quella che
già chiedeva Dio da tempo: misericordia voglio e
non sacrifici». Dunque «il vero segno di Giona
è quello che ci dà la fiducia di essere salvati
dal sangue di Cristo. Ci sono tanti cristiani che
pensano di essere salvati solo per quello che
fanno, per le loro opere. Le opere sono
necessarie ma sono una conseguenza, una risposta
a quellamore misericordioso che ci salva».
Le opere da sole, senza questo amore
misericordioso, non sono sufficienti.
Dunque «la sindrome di Giona colpisce quelli che
hanno fiducia solo nella loro giustizia personale,
nelle loro opere». E quando Gesù dice «questa
generazione malvagia», si riferisce «a tutti
quelli che hanno in sé la sindrome di Giona».
Ma cè di più: «La sindrome di Giona
ha affermato il Papa ci porta
allipocrisia, a quella sufficienza che
crediamo di raggiungere perché siamo cristiani
puliti, perfetti, perché compiamo queste opere
osserviamo i comandamenti, tutto. Una grossa
malattia, la sindrome di Giona!». Mentre «il
segno di Giona» è «la misericordia di Dio in
Gesù Cristo morto e risorto per noi, per la
nostra salvezza».
«Ci sono due parole nella prima lettura
ha aggiunto che si collegano con questo.
Paolo dice di se stesso che è apostolo, non
perché ha studiato, ma è apostolo per chiamata.
E ai cristiani dice: siete voi chiamati da Gesù
Cristo. Il segno di Giona ci chiama». La
liturgia odierna, ha concluso il Pontefice, ci
aiuti a capire e a fare una scelta: «Vogliamo
seguire la sindrome di Giona o il segno di Giona?».
(da: L'Osservatore Romano, ed. quotidiana, Anno
CLIII, n. 236, Mart. 15/10/2013) |
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