La difficile scienza
dell'amore Venerdì, 7 giugno 2013
La scienza della carezza manifesta
due pilastri dellamore: la vicinanza e la
tenerezza. E «Gesù conosce bene questa bella
scienza». Lo ha detto Papa Francesco celebrando
questa mattina, venerdì 7 giugno, la messa della
solennità del Sacratissimo Cuore di Gesù, nella
cappella della Domus Sanctae Marthae. Hanno
concelebrato, tra gli altri, larcivescovo
Jean-Louis Bruguès, archivista e bibliotecario
di Santa Romana Chiesa, e il vescovo Sergio
Pagano, prefetto dellArchivio Segreto
Vaticano, che accompagnavano un gruppo di
dipendenti dellistituzione.
Riferendosi alle letture del giorno tratte
dal libro del profeta Ezechiele (34, 11-16),
dalla lettera di san Paolo ai Romani (5, 5-11) e
dal vangelo di Luca (15, 3-7) il Pontefice
ha definito la solennità del Sacro Cuore di
Gesù come la «festa dellamore»: Gesù
«ha voluto mostrarci il suo cuore, come il cuore
che ha amato tanto. Perciò oggi facciamo questa
commemorazione. Soprattutto dellamore di
Dio. Dio ci ha amato, ci ha amato tanto. Penso a
quello che santIgnazio ci diceva, diceva a
noi. Ci ha indicato due criteri sullamore.
Primo: lamore si manifesta più nelle opere
che nelle parole. Secondo: lamore sta più
nel dare che nel ricevere».
Sono i due criteri di cui «Paolo nella seconda
lettura ci dice: Quando eravamo ancora deboli
Gesù, nel tempo stabilito, morì per gli empi.
Gesù ci ha amato non con le parole ma con le
opere, con la sua vita. E ci ha dato, ci ha
donato senza ricevere niente da noi. Questi due
criteri sono come i pilastri del vero amore: le
opere e il darsi». Spiegando il senso di questi
due criteri, il Santo Padre ha notato che il
darsi di Gesù è ben reso dalla figura del buon
samaritano. «Oggi ha detto la
liturgia ci fa vedere lamore di Dio nella
figura del pastore. Nel cantico responsoriale
abbiamo detto quel bel salmo [22]: Il Signore è
il mio pastore. Il Signore si manifesta al suo
popolo anche come pastore».
Ma, si è chiesto il Pontefice, «come fa il
pastore il Signore»? E ha puntualizzato: «Il
Signore ci dice tante cose, ma io mi fermerò
solo a due. La prima è nel libro del profeta
Ezechiele: Ecco io stesso cercherò le mie pecore,
le passerò in rassegna. Passare in rassegna vuol
dire che le conosce tutte, ma con il loro nome.
Passare in rassegna. E Gesù ci dice lo stesso:
Io conosco le mie pecorelle. Quel conoscere a una
a una, con il loro nome. Così ci conosce Dio:
non ci conosce in gruppo, ma uno a uno. Perché
ha spiegato ancora il vescovo di Roma
lamore non è un amore astratto, o
generale per tutti; è un amore per ognuno. E
così ci ama Dio».
Tutto questo si traduce in vicinanza: «Dio
ha notato il Papa si è fatto
vicino a noi. Ricordiamo quel bel pezzo del
Deuteronomio, quellamorevole rimprovero:
Quale popolo ha avuto un Dio tanto vicino come
voi?». Un Dio «che si fa vicino per amore
ha aggiunto e cammina con il suo
popolo. E questo camminare arriva a un punto
inimmaginabile: mai si potrebbe pensare che lo
stesso Signore si fa uno di noi e cammina con noi,
e rimane con noi, rimane nella sua Chiesa, rimane
nelleucaristia, rimane nella sua parola,
rimane nei poveri e rimane con noi camminando.
Questa è la vicinanza. Il pastore vicino al suo
gregge, alle sue pecorelle che conosce una per
una».
Soffermandosi quindi sullaltro
atteggiamento dellamore di Dio, il
Pontefice ha notato che ne parlano sia «il
profeta Ezechiele, ma anche il Vangelo: Andrò in
cerca della pecora perduta e ricondurrò
allovile quella smarrita, fascerò quella
ferita e curerò quella malata, avrò cura della
grassa e della forte, le pascerò con giustizia,
tenerezza. Il Signore ci ama con tenerezza. Il
Signore sa quella bella scienza delle carezze. La
tenerezza di Dio: non ci ama a parole; lui si
avvicina e nel suo starci vicini ci dà il suo
amore con tutta la tenerezza possibile».
Vicinanza e tenerezza sono dunque «le due
maniere dellamore del Signore, che si fa
vicino e dà tutto il suo amore anche nelle cose
più piccole con tenerezza». Tuttavia si tratta
di «un amore forte. Perché vicinanza e
tenerezza ci fanno vedere la forza
dellamore di Dio».
«Anche il nostro amore ce lo dice il
Signore: Amate voi come io vi ho amato?
deve farsi vicino al prossimo e tenero come si è
fatto quello del buon samaritano, o come quello
nella parabola che oggi la Chiesa ci presenta nel
vangelo» ha aggiunto il Papa. Ma noi come
possiamo ridare al Signore «tante cose belle,
tanto amore, questa vicinanza, questa tenerezza?».
Certamente, ha detto il Pontefice, «possiamo
dire: Sì, amandolo, diventare vicini a lui,
teneri con lui. Sì, questo è vero, ma non è la
cosa più importante. Può sembrare uneresia
ma è la verità più grande: più difficile che
amare Dio è lasciarci amare da lui! È questo il
modo per ridare a lui tanto amore: aprire il
cuore e lasciarci amare. Lasciare che lui si
faccia vicino a noi, e sentirlo vicino. Lasciare
che lui si faccia tenero, ci accarezzi». Questo,
ha concluso, «è tanto difficile: lasciarci
amare da lui. E questo è forse quello che
dobbiamo chiedere oggi nella messa: Signore io
voglio amarti ma insegnami la difficile scienza,
la difficile abitudine di lasciarmi amare da te,
di sentirti vicino e di sentirti tenero».
(da: L'Osservatore Romano, ed. quotidiana, Anno
CLIII, n. 131, Sab. 08/06/2013) |
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